-Mutolo all'udienza del 13 luglio 1994: "Riccobono mi diceva che Contrada gli
dava notizie sulle operazioni di polizia. Quando era in arrivo una retata, lui
lo chiamava e i mafiosi scappavano".
In questo modo, secondo i pm, Riccobono, avrebbe trascorso una dorata latitanza. "Mentre Contrada frequentava la garconiere di via Jung, a pochi metri di distanza, il boss viveva tranquillamente nel suo attico", dice il pm Ingroia durante la requisitoria.
Alla fine del 1981 l'agente della Squadra Mobile Calogero Zucchetto, assassinato dalla mafia nel novembre del 1982, era vicinissmo al covo di Riccobono che un confidente gli aveva rivelato essere proprio in via Jung. Agli atti del processo sono state acquisite le relazioni di servizio in cui il poliziotto descrive le sue indagini.
"Durante quello stesso periodo Contrada, dirigente della Criminalpol mandava invece i suoi uomini a cercare Riccobono a Napoli-dice Ingroia-Proprio in quel periodo, secondo le dichiarazioni di Mutolo, Riccobono convocò Contrada nello studio dell'avvocato Cristoforo Fileccia che avrebbe costituito il tramite fra i due e gli chiese se un tale Nino Pipitone fosse confidente della Polizia".
Il pentito ha riferito che Contrada non rispose.
"Però - continua Ingroia - dopo quell'incontro, le indagini di Zucchetto, furono interrotte. E si tornò a non fare indagini su Riccobono".
-Il pentito Tommaso Buscetta all'udienza del 25 marzo 1994: "Contrada aveva
rapporti con Riccobono. Mi disse: torna a Palermo, la polizia non ti
cercherà; io ho il dottor Contrada. E Bontade mi confermò: era
uno 'sbirro' (poliziotto in dialetto-ndr) perché perdeva molto tempo con
Contrada. Io sapevo che Contrada era un grande poliziotto, un avversario di
Cosa nostra. Ho appreso queste notizie con stupore, incredulità: da
bianco era diventato nero. (...)Bontade e
Riccobono oltre ad avere l'obbligo di dirmi la verità erano miei
grandissimi amici: nel 1962 Riccobono era latitante: fui io a portargli fra le
braccia la sua prima figlia appena nata. E fui io fra quelli che vollero
Bontade, appena ventenne, a capo della nostra famiglia mafiosa. (...) Trascorsi
la mia latitanza nella massima libertà".
DIFESA
-Bruno Contrada all'udienza del 13 luglio 1994: "Forse Mutolo parla in
buona fede perché spesso i capimafia si tradivano anche fra di loro,
millantavano crediti e conoscenze inesistenti e quindi potrebbero essergli
stati riferiti fatti mai avvenuti. Dice che io ero amico di tutti i capimafia
ma un poliziotto, tutt'al più, può collaborare con una famiglia,
non con tutte. Altrimenti verrebbe ucciso non dieci ma cento volte"
-Contrada all'udienza del 13 ottobre 1994: "Nel periodo in cui io sarei stato
nelle mani di Riccobono, ho arrestato il suo braccio destro e altri uomini
fidati. Il 2 agosto 1976 presentai un rapporto contro Mutolo e altre
diciassette persone, fra le quali anche Riccobono".
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