Il porto d'armi di Stefano Bontade.
Ingroia all'udienza dell'11 dicembre 1995: "Non si può essere certi dell'interessamento di Contrada per il rilascio del porto d'armi al capomafia di Villagrazia perchˇ i registri della questura di quel periodo sembrano essere svaniti nel nulla".
Il pentito Salvatore Cancemi ha raccontato di aver saputo da Pippo Calò e Giovanni Lipari che Bontade, allora diffidato e indagato per mafia era riuscito ad ottenere il porto d'armi proprio grazie all'interessamento di Contrada, 'poliziotto amico dei mafiosi' sin dal '76.
Ingroia: "Di più a Cancemi non ¸ stato riferito, non sappiamo dunque se si trattò di porto d'armi per pistola o per fucile. I fascicoli relativi a queste pratiche dal 1960 al 1981 sono andati al macero, così come prevede la legge. Avremmo potuto allora consultare i registri dei rilasci e dei rinnovi che ogni questura conserva in archivio. Ma, singolare concidenza, proprio i registri di quegli anni non ci sono. La questura non ha saputo spiegare se sono stati sottratti, smarriti o altro".
Di fronte a questo ostacolo insormontabile i pm non hanno potuto trovare la prova che Bontade avesse avuto il porto d'armi e che Contrada si fosse interessato."Abbiamo però alcune indicazioni importanti che ci dicono che il capomafia aveva il porto d'armi -precisa Ingroia-Buscetta ha detto che nel periodo giugno '80 gennaio '81, Bontade andava ogni mattina a caccia. E' inverosimile che ci andasse con armi detenute illegalmente con il rischio di essere arrestato. Un'altra indicazione ci viene da un interrogatorio della moglie di Bontade, cinque anni dopo la morte del boss: i carabinieri le chiedevano che fine avessero fatto le armi detenute legalmente dal marito a casa propria. Il quadro probatorio non presenta dunque elementi di incompatibilità con le dichiarazioni di Cancemi".
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