Giuseppe Marchese

Il 2 novembre 1992 Giuseppe Marchese rivela: "La prima volta che sentii fare il nome di Contrada risale agli inizi del 1981...Mi trovavo, con mio zio Filippo Marchese, alla Favarella (la tenuta dei Greco), ove mio zio si era appartato con Michele Greco, Salvatore Greco il "senatore" e Giuseppe Greco "scarpa". Ritornando al colloquio con loro, mio zio Filippo mi disse di andare subito da Riina, poichè il dottor Contrada aveva fatto sapere che la polizia aveva individuato il luogo dove Riina abitava e, nella mattinata seguente, vi sarebbe stata una perquisizione. Io mi recai, quindi, da Riina...che immediatamente, presi alcuni indumenti, si pose alla guida della sua Mercedes bianca, con a bordo i propri familiari, e mi disse di fargli da staffetta con la mia cinquecento fino alla casa dello "zio Totò" a San Giuseppe Jato. Lo "zio Totò" era un amico fidato di Riina: non ricordo il suo nome, ricordo che diversi anni dopo si suicidò, credo sparandosi con una pistola, per i dispiaceri procuratigli dalla condotta di una figlia (...)

Un altro episodio riguardante il dottor Contrada si verificò alcuni mesi dopo, non ricordo se prima o dopo l'omicidio di Stefano Bontade. A quel tempo mio padre Vincenzo era "canziato" (defilato) su consiglio di mio zio Filippo e abitava in una palazzina all'entrata di Villabate. Lo stesso zio Filipo mi avvertì che dovevamo farlo spostare, giacchè il dottor Contrada aveva fatto sapere che c'era la probabilità di perquisizioni nella zona. Io mi recai dunque da mio padre e lo condussi in una casa di Cefalà Diana, dove ci trattenemmo per un certo periodo".

Un terzo episodio si verificò verso la fine del 1981. Allora mio zio Filippo abitava in una casa di via Fichidindia. Mio zio mi disse che ci dovevamo spostare subito poichè il dottor Contrada aveva fatto sapere che, dopo la scomparsa di Ginetto Tagliavia, i sospetti si erano appuntati su lui stesso, su Carmelo Zanca e su Giuseppe Calamia, a seguito di una telefonata anonima. Io e mio zio Filippo ci trasferimmo immediatamente in un'abitazione di Casteldaccia, messaci a disposizione da Gregorio Marchese (poi ucciso), cognato di mio zio. (...)

In tutte queste occasioni, mio zio Filippo mi disse che Contrada faceva pervenire le notizie a Michele e Salvatrore Greco con i quali aveva rapporti. Non ho mai saputo in qual modo siano nati questi rapporti..So però che Salvatore Greco il "senatore" intratteneva rapporti con molte persone importanti dei più diversi ambienti. Ricordo, ad esempio, che io, in più di un'occasione, accompagnai personalmente Greco il "senatore" presso una grande banca di piazza Borsa, dove veniva ricevuto e salutato da tutti con il massimo ossequio. Tra l'altro nel periodo in cui io frequentavo spesso la Favarella, ho avuto modo di vedere molte persone importanti, appartenenti a tutte le categorie professionali, le quali venivano trattate con molta familiarità dai fratelli Greco e si muovevano con totale libertà ed agio. Mio cognato Bagarella mi diceva, in proposito, che talvolta erano ospiti della Favarella anche magistrati, carabinieri e poliziotti, dei quali però non mi fece mai i nomi. I discorsi tra noi nascevano parlando delle amicizie della massoneria".


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