Il caso Contrada (Capitolo 9 /Pagina 6)
L'esperienza del carcere. Nelle sue lettere scrive che l'inizio è stato
traumatico, poi si è rinchiuso in se stesso, rifiutando addirittura le
visite dei suoi familiari. Poi, alla fine, chiede di uscire ma soltanto da
innocente:
<<Non volevo uscire nemmeno il 31 luglio, perché si profilava la
possibilità di una mia scarcerazione soltanto per concedermi gli arresti
domiciliari per motivi di salute e i non volevo traformare la mia casa
metà in carcere e metà in ospedale. Certo che la salute non
è ottimale: ha tanti acciacchi, ma soprattutto i sistema nervoso
debilitato. Forse non si nota tanto perché nella vita ho dovuto imparare
a esercitare l'autocontrollo ma da tre anni vado avanti a forza di
tranquillanti. Dicevo: non sarei voluto uscire dal carcere per questa mia
assoluta consapevolezza di un'ingiustizia. Non c'erano esigenze, non avrei mai
inquinato le prove ma al massimo avrei collaborato con la giustizia per far
emergere la verità. Non della mia innocenza. Perché al processo
deve sempre emergere la verità, per quanto sia possibile arrivare alla
verità. Ho deciso di far emergere, anche se da questo potranno derivare
mie responsabilità. Perché non ho mai avuto la pretesa di non
aver sbagliato in 36 anni di carriera. Come si può essere sicuri di non
aver mai sbagliato?>>.
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