Il caso Contrada (Capitolo 9 /Pagina 13)
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I suoi rapporti col commissario Boris Giuliano, ucciso dalla mafia il 21 luglio del '79 a Palermo.

<<Era un rapporto splendido, abbiamo lavorato per 16 anni insieme. Facevamo coppia fissa, specialmente nel periodo in cui tutti e due eravamo semplici funzionari della Squadra mobile. Io dirigevo la sezione Investigativa e lui la sezione Omicidi, dal '63 al '73. Eravamo sempre insieme nel lavoro e nella vita privata. Una passeggiata, un caffé. Andavamo a fare acquisti insieme, tanto che alla fine portavamo sempre lo stesso tipo di scarpe, cravatte identiche. Tutta Palermo ci vedeva sempre insieme, anche nel periodo in cui io ero dirigente della Mobile e lui il mio vice in una sorta di diarchia. Non lo consideravo un mio dipendente>>

Eppure, al processo e prima ancora nel corso delle indagini, ha girato con insistenza la voce che tra voi non corresse buon sangue.

<<Sulla prime non riuscivo a comprendere. Poi ho capito perché si è tentato di screditare questo rapporto. Si doveva far apparire che Giuliano aveva dei sospetti su di me, che diffidasse di me. Perché altrimenti, dovendo sostenere che io ero mafioso, sarebbe stato necessario farlo passare per colluso, omertoso. E dunque anche lui favoreggiatore di mafiosi. Oppure farlo passare per coglione e ingenuo perché non si era accorto di nulla. E il discorso vale anche per gli altri funzionari, anche se con loro avevo un rapporto meno stretto. Così mi sono chiesto perché qualcuno ha sentito la necessità di mettere in dubbio la mia amicizia con Giuliano. E naturalmente lui non ha la possibilità di smentire, perché è morto. Da qui nasce la mia convizione>>.

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