Contrada interrogato dal sostituto procuratore Vincenzo Geraci.

Verbale di interrogatorio di Bruno Contrada dell'11 ottobre 1984:"...Come è facilmente intuibile a cagione della mia intensa e prolungata attività di polizia giudiziaria ho conosciuto e trattato moltissimi casi criminali che mi hanno consentito di entrare in contatto, anche fisico, con gran parte degli autori di imprese criminose, soprattutto di stampo mafioso. Tra i pochi mafiosi, tuttavia, che non ho mai avuto occasione di incontrare, c'è Rosario Riccobono. Di lui (e di tutto il suo gruppo di mafia) mi sono intensamente occupato a partire dall'uccisione dell'agente Gaetano Cappiello, avvenuta nel luglio del 1975. Tale episodio determinò in me e nell'intera èquipe della Squadra Mobile da me diretta una irrefrenabile emozione, anche perchè Cappiello mi morì materialmente fra le mani. Le indagini furono condotte in profondità e io li seguii personalmemente stilando di mio pugno il rapporto giudiziario di denuncia che portò all'incriminazione dello stesso Riccobono e all'arresto di numerosi appartenenti al suo clan. Non ho mai fisicamente conosciuto Riccobono, nel senso che non ho mai ricevuto da lui notizie riguardanti fatti criminali; e ciò dico nonostante, da poliziotto, sarebbe stato per me lusinghiero risultato quello di poter ottenere la collaborazione, sia pure confidenziale, di un personaggio del suo spessore. Debbo conseguentemente contestare che io abbia mai avuto un rapporto benevolo nei suoi confronti o di persone a lui legate e debbo, tra l'altro, rappresentare che, grazie all'articolazione delle forze di polizia che operano nel territorio di Palermo, mai alcun singolo funzionario, per quanto influente e prestigioso, avrebbe potuto garantire l'impunità della cattura a chicchessia. Tra l'altro mi risulta che, durante il periodo della latitanza di Riccobono, nella sua zona sono stati organizzati e svolti numerosi servizi per la cattura di latitanti e mi sembra di ricordare anche che durante la direzione della Squadra Mobile da parte del dottor Giuseppe Impallomeni (ricadente nel periodo in cui Tommaso Buscetta si allontanò da Torino sfuggendo al regime di semilibertà) vennero accentuati i servizi e irrobustite le squadre addette alla cattura dei latitanti. In particolare per Tommaso Buscetta, la cui posizione era seguita personalmente dal dottor Antonio De Luca.


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