Il caso Contrada (Capitolo 8 /Pagina 35)

-Messo a confronto con il commissario Gentile, il maresciallo di polizia
Cefalonio Catalano, all'udienza del 26 maggio 1995 ha dichiarato: "Gentile si
confidò con me dicendomi che era stato obbligato dal questore
Impallomeni a scrivere una relazione contro il dottor Contrada e che il
contenuto delle accuse dunque non era vero".
-L'ex capo della Squadra Mobile Francesco Pellegrini, deponendo all'udienza del
7 febbraio 1995 ha dichiarato: "Gentile aveva modi spicci, bruschi. Era un
buon poliziotto che aveva fiuto anche se non andava per il sottile. Mi
ricordo che lo mandai una volta a perquisire la casa del padre di Giovannello
Greco, Salvatore, che l'indomani venne in ufficio a trovarmi per lamentarsi del
fatto che Gentile, nel corso della perquisizione, aveva messo le mani addosso
alla figlia. Io richiamai Gentile, invitandolo a una maggiore attenzione.
Girava voce alla Mobile che le frequenti irruzioni del commissario in casa di
Inzerillo avevano come obiettivo di "insultare", ossia guardare la moglie del
latitante. Successivamente chiesi a Gentile informazioni sulla relazione di
servizio e mi disse che gliela avevano richiesta i vertici dell'ufficio ma non
mi disse né che era falsa né che era stato costretto a
stilarla".
-Contrada all'udienza del 26 maggio 1995: "Quattordici giorni dopo
quell'episodio portai al Questore un rapporto investigativo contro il clan
Inzerillo e Bontade. Poi a dicembre stilai il rapporto sull'omicidio Costa in
cui accusavo Inzerillo, indicando il nipote omonimo. La verità è
che Impallomeni doveva trovare il sistema di liberarsi di me. Finchè io
dirigevo la Criminalpol lui non poteva dirigere la Mobile perché gli
uomini non lo riconoscevano, non lo seguivano. Facevano capo a me".
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