Il caso Contrada (Capitolo 5/Pagina 4)
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Lettera scritta a me stesso anche se a te indirizzata.

Roma 23/12/1993

Adriana, è diventato veramente difficile scrivere una lettera che non sia una sequela di banalità ed insulsaggini sterili ed inutili. Come si può scrivere cose del genere quando nel proprio animo si accumulano, si alternano, si accavallano, si confondono, si intersecano, si uniscono in modo da formare una indescrivibile miscela che non sembra avere più nulla di umano: rancore, odio, istinto di vendetta, disprezzo, disgusto, schifo, rammarico, senso di impotenza, disperazione, rabbia, furore, abbandono, rassegnazione, apatia, ripulsa per se e per gli altri, ansia, angoscia, paura di vivere e di morire, attaccamento animale alla vita, e tante, tante altre cose che potrebbero riempire pagine e pagine ......
Ma ti rendi conto che è stata distrutta la mia vita soltanto per delle sporche calunnie di sporchi individui che non potendo affermare di averne cognizione diretta riferiscono di avere avuto notizia dei fatti addebitatimi da altri che non possono confermare o negare perché morti da anni? Mi attribuiscono rapporti con persone mai conosciute o che, se da me conosciute, profondamente disprezzate, trattate soltanto per miei doveri d'ufficio. Ciò che è stato l'adempimento del mio dovere mi viene ritorto contro !


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