Il caso Contrada (Capitolo 5 /Pagina 1)
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LE LETTERE DAL CARCERE

Roma, 8 maggio 1993

Adriana, ieri ero affranto, quasi disperato, pervaso in tutto il mio essere da un senso opprimente della inutilità di tutto, di ogni cosa che nell'insieme costituisce la ragione di vita di un uomo. Inutilità di vedere, di sentire, di sapere, di soffrire con il corpo e con lo spirito: inutilità di essere.
Poi è venuto Guido. L'ho voluto seduto accanto a me, tenerlo più vicino con la sua mano nella mia, ascoltare le sue parole, le sue riflessioni, rendermi conto della sua presenza, quasi per un bisogno inconscio ma forte ditrovare in lui - parte della mia vita - una ragione di ritrovare la ragione di continuare a vivere, sebbene in questa mia assurda condizione umana. Non mi riferisco alla restrizione della libertà, all'essere chiuso in un forte tra sbarre e cancelli: sopporterei ciò con animo forte se potessi darmene una ragione, una motivazione, una spiegazione.

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